I can’t relax ‘cause I haven’t done a thing
and I can’t do a thing ‘cause I can’t relax
(Independence Day)
“Non riesco a rilassarmi perché non ho fatto niente, e non riesco a fare niente perché non riesco a rilassarmi”.
Ricordo perfettamente quando anni fa dovetti sostenere l’ultimo esame della mia travagliata carriera universitaria. La materia delle materie, quella più grossa, quella che uno si lascia per ultimo, e che aveva richiesto più di un anno di preparazione. In particolare, ricordo le due settimane antecedenti all’appello, in cui dormire una media di 3/4 ore a notte era diventata la norma, e rincorrevo quella parte di programma che non ero ancora riuscito a studiare nonostante l’enorme quantità di tempo avuto a disposizione, ripetendo nel frattempo quello che già sapevo fino allo sfinimento per paura di dimenticarlo. C’erano poi alcuni precedenti a mio sfavore, che paventavano il rischio che a ridosso dell’esame un eccesso di pressione potesse materializzarsi e prendere il sopravvento, paralizzandomi e mandando tutto all’aria sul più bello. Tuttavia, ero cosciente che col passare del tempo ero migliorato, già da un po’ ero diventato più cinico e spedito, ma ad essere onesti più per una questione di impazienza e di sopravvivenza che per meriti mentali, e poi proprio in quei giorni la posta in gioco era troppo alta. Per cui, a scanso di equivoci, nervi saldi e…Waiting for a Miracle. In ogni senso, dato che l’album in questione lo ascoltai per quelle due settimane di fila tutti i santi giorni nei momenti di pausa, fungendo da sostegno morale per via di quel senso di empatia e comprensione che era capace di trasmettermi e di quella incoraggiante e vigorosa pacca sulle spalle che avvertivo. Nemmeno a dirlo Independence Day era l’inno di battaglia di quella gloriosa spedizione finale, e già che c’ero mi concedevo anche qualche fugace suggestione soffermandomi su brani dal titolo chiaramente evocativo come la title track Waiting for a Miracle e On the beach : ovvero, mi pregustavo nel futuro imminente il miracolo di aver terminato tutte le materie per poi poter cominciare finalmente a godermi un sacrosanto mare estivo, dato che ci trovavamo già a luglio inoltrato.
In ogni caso, al di là di tutto ciò che l’album in questione possa aver rappresentato per il sottoscritto in quell’infernale frazione d’estate, Waiting for a Miracle dei Comsat Angels, pubblicato nel 1980, è indubbiamente uno dei migliori prodotti generati dalla scena post-punk, seppur uno dei meno conosciuti. E ci sono una serie di aspetti che contribuiscono a rendere il sound della band di Sheffield unico e inconfondibile, a partire dall’accoppiata di batteria e basso. Infatti, a fare da cornice ci pensa una sezione ritmica estremamente coinvolgente e decisa, con una batteria ammaliante che prende per mano l’ascoltatore trascinandolo con sé in ogni percorso che intraprende. Essa viene coadiuvata egregiamente dal basso, che si rivela un vero e proprio elemento di spicco e dotato di forte personalità, decorativo e trainante, e che a più riprese va a dare più profondità ai brani. A questi due elementi si va ad aggiungere il binomio chitarra – tastiere : per quanto riguarda la prima, questa stupisce per i suoi spunti, la sua intelligenza e la sua versatilità, riesce sempre a dosare i colori e l’intensità in modo efficace e pertinente a seconda della natura del pezzo, senza mai dare l’impressione di dire una parola fuori posto, ma soprattutto risulta gradevole e appagante all’ascolto in ogni momento in termini di scelte stilistiche ; poi, una tastiera di matrice psichedelica dà ulteriore vivacità alle composizioni, a tratti morbida, a tratti squillante, ma in ogni caso una mina vagante che si rivela una pedina fondamentale per l’affascinante risultato sonoro che viene raggiunto nel complesso. A completare l’opera, infine, troviamo Stephen Fellows e l’espressività della sua voce, sincera e trasparente, e il quale accompagnando i brani con grande intensità ma mantenendo comunque un carattere tenue e sommesso, riesce a sposare perfettamente grinta e malinconia.
Per quel che riguarda i brani, lo sprint iniziale di Missing in Action è di quelli che scuotono e catturano immediatamente l’ascoltatore, che si ritrova catapultato in un treno a tutta corsa dove ad accoglierlo ci sono proprio una chitarra e una tastiera strepitanti. A seguire, in Baby vediamo alternarsi delle strofe spoglie composte da batteria e voce, che per certi versi fanno pensare ad un mix tra una marcia e una filastrocca, e dei ritornelli in cui strumenti e voce sono essenziali fino a ritrovarsi assaliti dal tormento sul finale.
Independence Day è un brano che fa della chitarra (in particolare dei suoi armonici) la sua struttura portante e che al suo interno riunisce tanti umori, ma nel complesso lascia che ad emergere in modo più deciso siano delle sonorità energiche e fiduciose, perfino sbarazzine se pensiamo alla tastiera che va ad inserirsi nella seconda parte del pezzo. Poi c’è la traccia che prende il nome dall’album, Waiting for a Miracle, in cui alla guida ci sono una batteria incalzante e irregolare e un basso che la segue a ruota, e dove al contrario della traccia precedente, a giudicare dal comportamento di chitarra e tastiera, stavolta sembra essere proprio il tormento a prendere il sopravvento.
Infine, impossibile non menzionare la meravigliosa e già citata On The Beach, uno dei momenti più piacevoli dell’intero lavoro, grazie al connubio tra basso e chitarra che integrandosi tra loro in modo minimale, cupo e sopraffino, danno luogo a soluzioni sonore uniche. E non è l’unico caso in cui i Comsat Angels danno prova di grande acume musicale nell’album : brani come Total War, Postcard e We Were ognuno a modo suo si contraddistingue magnificamente per estro e ricercatezza, nonché per atmosfere e sperimentazioni, da parte di tutti gli strumenti, tanto da non poter fare a meno di annoverarli tra i momenti più significativi dell’album e che contribuiscono a conferirgli ulteriore pregevolezza.

- Missing in Action
- Baby
- Independence Day
- Waiting for a Miracle
- Total War
- On the Beach
- Monkey Pilot
- Real Story
- Map of the World
- Postcard
- Home Is the Range
- We Were
- Ju Ju Money